Quando arrivi di sera nel porto di Capri (NA), alzando gli occhi verso il Monte Solaro lo sguardo viene attratto da una serpentina di luci che salgono tra le rocce: è la scala Fenicia.
Una gradinata intagliata a mano nella pietra viva, seguendo la tipica tecnica che ritroviamo nelle isole del Mar Egeo, che, con i suoi 921 gradini, collega lo scalo dell’Isola Azzurra al comune di Anacapri.
Costruita intorno al VII e VI secolo a.C. dai Greci, è stato per secoli l’unico collegamento tra Marina Grande, Capri e Anacapri. Veniva percorsa regolarmente per trasportare generi alimentari, l’acqua, materiali edili e la corrispondenza fino al 1877, quando fu inaugurata la strada carrozzabile.
Cimentarsi nella salita significa farsi trasportare in un déjà-vu, panorama mozzafiato, croci intagliate nella pietra, maioliche colorate fino all’antico varco del paese soprannominato Porta della Differenza, per la rivalità che intercorreva tra i due comuni.
Ancora più su, una costruzione bianca, dalla cui terrazza fa capolino una sfinge, in granito rosso, risalente al periodo di Ramses II, che, con lo sguardo perso verso il mare blu che si confonde con il cielo attraversato dal capo di Sorrento, ci accoglie: Villa San Michele.
Nel 1875, un diciottenne svedese, benestante, durante l’estate, girando l’Italia, decide di constatare di persona se la fama dell’isola delle sirene corrispondesse a verità. Appassionato naturalista si affida ad una donna del posto, Maria Portalettera, come ritroviamo nel romanzo La Storia di San Michele, che gli fa da guida nella scoperta delle bellezze del posto.
Un giorno, inerpicandosi insieme per la scalea, arrivano alla sommità dove giacevano ancora antichi resti di una delle ville appartenute a Tiberio e, poco più in là, una minuscola cappella dedicata a San Michele.