Un vecchio adagio afferma “l’Epifania tutte le feste porta via”; nelle case si ripongono gli addobbi natalizi, primo atto di un ritorno alla routine quotidiana dopo un mese di deroghe continue.
A Napoli e dintorni, tuttavia, la calma è solo apparente, perché si pensa alla ricorrenza rituale che, di lì a poco, sarà celebrata e si accantona quanto può essere utilizzato la notte del 17 gennaio per accendere il famigerato cippo.
Alberi di Natale, sedie malconce, tavoli traballanti, materiali vari accumulati durante tutto l’anno formeranno delle enormi cataste al centro delle strade della città, in particolare in prossimità della Chiesa di Sant’Antonio Abate in via Foria e nel borgo retrostante.
Ci stiamo riferendo alla strada che da piazza Carlo III arriva a Porta Capuana, antica zona paludosa fuori dalle porte della città, cresciuta durante i secoli come villaggio extramoenia, partendo proprio dal convento e dall’ospitale.
Il luogo, considerato malfamato e noto come lupanare, è diventato mercato all’aperto a partire dal secondo dopoguerra. A causa dei diversi cambiamenti urbanistici, dell’antica pianta del complesso religioso, voluto dalla Regina Giovanna I nel 1370, resta una sola navata.