Un arcano calendario perpetuo: il Cimitero delle 366 Fosse a Napoli

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Ai piedi della collina di Poggioreale, un tempo conosciuta come monte Leutrecco o Lo Trecco, troviamo il primo cimitero italiano pensato per i poveri.

Il toponimo, che in seguito diventerà Trivice e poi Tredici, deriva dalla deturpazione del nome del visconte Odetto de Foix di Lautrec che, come citato nel precedente articolo, nel 1528 vi collocò l’esercito francese per cingere d’assedio Napoli, distruggendo l’acquedotto della Bolla.

Il 1700 fu definito il secolo d’oro per il regno, i Borbone, oltre a far edificare splendide residenze come la reggia di Capodimonte e di Portici e il Teatro San Carlo, decisero di realizzare una vera e propria rivoluzione nella città capitale, commissionando all’architetto fiorentino Ferdinando Fuga due opere per il ceto meno abbiente, che divennero il simbolo della pietà illuminata: il Real Albergo dei Poveri e il Cimitero di Santa Maria del Popolo.

In una città dove il retaggio alessandrino aveva radicato un culto dei morti ancora oggi più che vivo, non era pensabile che i poveri non potessero degnamente piangere i propri cari, sepolti per lo più in fosse comuni, come quella sottoposta all’Ospedale degli Incurabili, soprannominata piscina, o in cave abbandonate, come quella usata durante l’epidemia di peste del 1656, a differenza dei signori a cui erano riservati ipogei nelle chiese all’interno delle mura urbane.

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Cimitero delle 366 Fosse a Napoli – ph Rosy Guastafierro
Cimitero delle 366 Fosse a Napoli – ph Rosy Guastafierro
Le molte epidemie scoppiate anche a causa del forte esodo dalle campagne circostanti, dovuto soprattutto alla terribile carestia, fecero comprendere, più di 40 anni prima che Napoleone Bonaparte promulgasse l’Editto di Saint Cloud, 1804, l’importanza di costruire delle aree apposite, lontane dal centro abitato per impedire l’ulteriore contagio derivante dai corpi in putrefazione.

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Rosy Guastafierro

Come scrittrice, blogger e viaggiatrice, vivo seguendo il motto della mia vita: essere creativa e trovare la gioia nelle cose che faccio.

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