Capita, camminando sovrappensiero, che lo sguardo venga attirato da un luccichio improvviso, un riverbero di qualcosa incastrato tra un sanpietrino ed un altro.
D’istinto ci si china, ed ecco una piccola moneta, che, quasi come riflesso condizionato, raccogliamo. Le nostre nonne ci dicevano che era un portafortuna, non era d’auspicio lasciarlo a terra, senza tralasciare l’immediato accostamento al cent più famoso al mondo, protetto in una teca, che ha reso multimiliardario un papero scaramantico.
Siamo cresciuti sfogliando fumetti, molto spesso prestati o comprati di seconda mano, un mito importato dagli Stati Uniti che ha incoraggiato intere generazioni a rincorrere il sogno, a comprendere che nulla è impossibile purché si sia tenaci nella volontà di raggiungere la meta.
Tante le tipologie e anche profondamente diverse, ma su tutti primeggia il beneamato Topolino, con la schiera di personaggi universalmente noti.
Leggendo avidamente, ecco che, nel dipanarsi delle storie che vedono come protagonista il ricco piumato, si delinea qualcosa di estremamente familiare a noi ragazzini di Napoli: è il nostro gigante che, tra fumo e scintille, nel suo cono, protegge la fattucchiera che ammalia.
Stiamo parlando di una papera che nel 1961 prende vita dalla matita di Carl Barks, e, da allora, ha come sua occupazione preferita dare del filo da torcere a Zio Paperone.