Il Reale Albergo dei Poveri: il sogno utopico di un Re illuminato

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Durante il suo regno, Carlo di Borbone perseguì una vera e propria politica rivolta al sociale, stravolgendo la città di Napoli con opere edilizie che, ancora oggi, ne esaltano lo stile e la grandiosità.

Figlio di Filippo IV di Spagna ed Elisabetta Farnese, cinse la corona definendola la più bella d’Italia a soli 18 anni, grazie alla scaltrezza e all’intelligenza della madre.

Malgrado la sua istruzione non fosse brillante – ai libri, infatti, preferiva l’arte venatoria – dimostrò ben presto di esser dotato di un ingegno naturale che lo portò ad essere definito dai posteri come un grande mecenate capace di ricostruire quella terra maltrattata acquisendola come sua nuova patria.

Durante gli anni del suo mandato, si affidò all’arguzia dell’avvocato e professore universitario Bernardo Tanucci, che nominò Ministro della Giustizia; in questo ruolo, l’ardente estimatore di Machiavelli, riuscì a concretizzare le visioni e il bisogno di magnificenza del giovane monarca senza tralasciare la concretezza e le vere possibilità del regno.

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Il Re costruttore, come fu soprannominato per aver fatto edificare il nuovo Palazzo Reale, la Villa di Portici, il Teatro di San Carlo, sentì forte l’esigenza di dedicare qualcosa di veramente imponente al popolo che, spinto da una forte carestia, dalla campagna si riversava in città.

Nel 1749 fu invitato l’architetto Ferdinando Fuga, affinché, fuori dalle mura angioine, fosse costruito un edificio maestoso atto ad accogliere circa ottomila diseredati, oltre agli orfani, divisi per sesso ed età, in modo che risultasse più semplice poterli governare e indirizzare a tutte le attività formative ideate con lo scopo di poter reintegrare queste masse, in special modo i giovani, trasformandoli in artigiani produttivi.

Il progetto, iniziato nel 1751 e mai finito del tutto, è sicuramente uno dei più mastodontici del XVIII secolo in Europa. Originariamente era prevista una facciata di 600 metri, con cinque corti in linea. In quella di mezzo insisteva una chiesa a pianta centrale e divisa in 4 navate, a croce di Sant’Andrea, una per ogni tipologia di ospiti, ovvero uomini, donne, bambini e bambine.

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Rosy Guastafierro

Come scrittrice, blogger e viaggiatrice, vivo seguendo il motto della mia vita: essere creativa e trovare la gioia nelle cose che faccio.

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