Ritualità antiche e ricercate, consolidate attraverso secoli di storia e tradizione, che venivano esplicitate da personaggi la cui personalità destava un timore reverenziale per la fama che li precedeva e che trovavano attuazione nel cerimoniale alchemico – filosofico che prevedeva la nascita del Rebis ovvero della cosa doppia, il maschio e la femmina unificati, che si materializza nell’Athanor.
Affinché si giungesse al risultato sperato, era indispensabile la presenza di un Ermafrodito, ovvero, come definito nell’eredità greca, nato dall’unione della dea della bellezza Afrodite e del dio della Forza e della conoscenza rivelata Ermes.
Venerato e divinizzato per l’intensa carica mistica, l’arte ne comprende una serie infinita, tra i vecchi vicoli di una Napoli pronta ad assorbire qualunque aspetto, connubio perfetto tra saggezza popolare e spiritualità pagana, diviene o femminello.
Viene descritto come un uomo che ha atteggiamenti e movenze femminili, mai additato, anzi, accettato, tanto da far nascere un vocabolo unico nella sua accezione.
Non facilmente traducibile, né spiegabile, perché contiene in sé tutta la forza di un retaggio magico alchemico capace di penetrare il folklore partenopeo, senza degenerare, mantenendo tutta la forza del rito ancestrale che inneggia la fecondità, determinata dall’unione perfetta, che sfocia nel divinatorio.
Bambini appena nati venivano posti nelle braccia di un femminello come segno di buon auspicio. Gli si attribuivano importanti capacità, come la crescita di un figlio o una fortuna smisurata attuata nella famosa tombola vajassa, che riesce a mescolare al divertimento il vaticinio. Emblematica, in questo senso, la trasposizione teatrale del Maestro Roberto De Simone ne La Gatta Cenerentola.