Il discendente diretto di Luigi XIV volle emulare il suo avo ed immaginò di far costruire, lontano dalla città di Napoli, un nuovo palazzo che fosse veramente degno di accogliere una dinastia così importante come quella dei Borbone.
Carlo III desiderava si edificasse una dimora che potesse essere definita la più bella d’Italia e in Europa seconda solo a Versailles.
Una vera e propria cittadella che contenesse in sé, oltre alla Corte in senso stretto, anche il quartier generale dei vari ministeri, la magistratura, una biblioteca pubblica, una chiesa con annesso seminario, un importante teatro, ma, soprattutto, un’università per lo studio di arti liberali, per le scienze intellettuali e fisiche.
Per poter soddisfare l’audace disegno, prima di ogni cosa, bisognava trovare un terreno adatto, pianeggiante con dei corsi d’acqua non troppo lontani. Si ritenne adeguato un enorme terreno pieno di boschi e di cacciagione, adagiato ai piedi dei monti Tifatini, confiscato 15 anni prima ai conti Acquaviva di Caserta, per permettere al re di dedicarsi all’arte venatoria.
L’architetto – ingegnere preferito fu Ludwig Van Wittel, ovvero Luigi Vanvitelli, con l’assenso di papa Benedetto XIV. Nato nella Capitale del Regno il 12 maggio del 1700 da madre italiana, Anna Lorenzani, e papà olandese, il pittore Gaspar van Witter in seguito italianizzato in Vanvitelli, ebbe l’incarico agli inizi del 1751, impiegando circa un anno per completare tutto il progetto.
Determinante nelle scelte effettuate fu l’influenza della Regina Maria Amalia di Sassonia. Nata a Dresda il 24 novembre del 1724, figlia di Augusto III di Polonia e di Maria Giuseppe d’Austria, all’età di 14 anni, il 9 maggio 1738, sposò per procura il re; in effetti, il matrimonio era stato combinato per sedare la controversia diplomatica sorta con Papa Clemente XII.
Colta e preparata, parlava correntemente tedesco, francese e italiano, conosceva il latino e adorava la musica di Bach, che suonava con passione. Desiderosa di trasformare la sua città di adozione in una grande capitale europea, basò il suo rapporto con il sovrano su grande stima e condivisione, sia nel governo che nei momenti ludici. Ottima amazzone, adorava le battute di caccia e i sigari, e partecipava alle decisioni inerenti le problematiche del regno.