In situazioni particolari mio padre era solito affermare che un maestro sceglie sempre la via maestra, ma io, da umile indagatrice del recondito, attratta da tutto ciò che mi circonda, spesso seguo sentieri tortuosi, allontanandomi troppe volte dalla direttrice per poi farvi ritorno dopo intime peregrinazioni.
Quando rifletto su questo modo di perseguire la conoscenza, mi viene da pensare che sia dovuto ad una mia insaziabile curiosità per tutto ciò che rimane a latere. Tale mia preferenza si manifesta anche nell’amore della scoperta di quei siti che non godono degli onori della ribalta, ma che custodiscono antichi saperi, sicuramente fonti ristoratrici per lo spirito cercatore di luce.
Tra questi ha attirato la mia attenzione l’Ager Stabianus, quel territorio residenziale che, nell’antichità, si estendeva da Lettere a Sant’Antonio Abate, passando per Gragnano, governato da Castellammare di Stabia, e che, da meno di un secolo, costituisce il complesso archeologico dell’antica Stabie.
Considerate in epoca romana residenze di villeggiatura, le Domus che insistevano su tale territorio erano strutturate e decorate in modo da favorire la contemplazione, il calarsi nella dimensione ritenuta sacra per il mondo antico, praticando l’otium. Era fondamentale potersi prendere il tempo necessario per alimentare il pensiero, coltivare le virtù, ammirare le bellezze della natura.
In questa dimensione di indissolubilità tra benessere fisico e spirituale, su almeno una delle pareti del triclinio si poteva godere della vista di disegni a grandezza quasi naturale, che allietavano lo spirito dei commensali, inducendoli alla riflessione.
Molte di queste abitazioni prendono il nome proprio dalle gigantografie principali, è il caso di Villa Arianna, che si trova sull’estremità occidentale della collina di Varano. Il solo nome evoca ineluttabilmente l’archetipo della simbologia esoterica: il labirinto.